Diversamente da oggi, in epoca romana, nel Natissa — fiume di Aquileia — confluivano sia le acque del Torre sia quelle del Natisone.
La leggenda di Katia, guardiana del fiume Torre, si svolge in quell’epoca e narra di una fata dei fiumi che, nella notte di un solstizio d’estate, partì da Tarcento e seguì il corso del Torre fino ad arrivare ad Aquileia.
Katia, piccola ed esile creatura dalla pelle bianca come porcellana, brillava nella notte mentre percorreva il fiume per proteggere uomini e animali dagli spiriti delle tenebre. Durante il suo cammino, una flebile luce attirò la sua attenzione nei pressi di Vedronza, sul ponte romano. In quel punto, infatti, passava una strada che consentiva ai romani di raggiungere l’Austria partendo da Aquileia in meno di tre giorni di cammino.
Avvicinandosi al ponte, Katia scoprì una statua di legionario romano con in mano una lanterna. La scultura era di incredibile fattura, ricca di dettagli. La fatina si fermò per esaminarla da vicino, ma un improvviso sussulto la fece rabbrividire: dalla parte posteriore dell’orecchio destro della statua spuntava un ciuffo di capelli scuri. Quasi contemporaneamente, le sembrò di vedere una lacrima scivolare lungo la guancia della figura di pietra.
Non c’erano dubbi: lo sventurato legionario era vittima di un sortilegio.
Senza indugiare, Katia soffiò su di lui un po’ della sua polvere magica, e l’uomo tornò in vita! Il soldato, debole e stremato, faceva fatica a muoversi, così la fata lo accompagnò fino a casa sua, in Piazza Capitolo 17 ad Aquileia, restituendogli il sorriso.
Il legionario, che si chiamava Pompeo, chiese alla moglie di prendere un biscotto alle mandorle appena sfornato per offrirlo alla sua salvatrice. Katia, assaggiandolo, fece un sorriso abbagliante… e svanì nel nulla.
Da quel giorno, però, la fatina tornò spesso a far visita al suo nuovo amico, desiderosa di assaporare ancora quella deliziosa frolla.
Ancora oggi, dove ora sorge la pasticceria Mosaico, si preparano i biscotti della piccola Katia. E nelle notti d’estate, durante il solstizio, Piero Zerbin lascia sempre uno di quei croccanti dolcetti per la fata, in ricordo di una straordinaria amicizia.